Anno 1941 – Giuseppe Lega Racconta

Anno 1941 – Giuseppe Lega Racconta

1941

La mamma Angelina, molto riservata, non è mai apparsa come apicoltrice ma, alla sua morte avvenuta nel Settembre del 2011, quasi centenaria, abbiamo trovato in un cassetto molte lettere che scriveva ad Armando (mio babbo), militare chiamato alle armi nel 1941.

In queste lettere abbiamo potuto leggere che lo informava sull’andamento della sua famigliola con i primi due bambini e la nonna, delle difficoltà che incontrava con il razionamento del cibo durante la guerra, la cui disponibilità diminuiva continuamente, ma gli comunicava anche le notizie riguardanti il piccolo apiario che seguiva lei personalmente.

26 Giugno 1941

In una lettera datata 26 Giugno 1941 lo informa che ha visto che le famiglie di api si sono sviluppate bene in primavera e che si comincia a vedere il primo miele nuovo.

3 Luglio 1941

In una lettera successiva del 3 Luglio 1941 lo informa di avere messo tutti i melari che aveva disponibili ma che non erano bastati e ne avrebbe preparati degli altri perché c’era una bella fioritura di erba medica e le api raccoglievano abbondantemente.

9 Luglio 1941

In una lettera del 9 Luglio 1941 si diceva molto soddisfatta per i melari pieni e lo ringraziava per le istruzioni che le aveva mandato su come raccogliere gli sciami.

12 Marzo 1942

Il 12 Marzo del 1942 gli scriveva che “ha fatto una passeggiata apistica di primavera ed ha trovato tutti gli alveari vivi e molto ben popolati (sono diventati 29) e tutte le bottinatrici rientrano con le zampine cariche di polline giallo.”

Mio babbo Armando fece per un breve periodo il militare a Gioia del Colle in Puglia e poi fu destinato a Trento, e scelto come attendente del colonnello.
Ci ha raccontato, molto tempo dopo, che circolava la proposta del colonnello di un suo trasferimento al fronte (Russia o Libya) e che un giorno ha udito che la moglie del colonnello chiedeva al marito di tenerlo a Trento “perché era molto bravo ed aveva due bambini piccolissimi.”

Mio babbo sentì dalla stanza accanto la risposta del colonnello che fu:

“È grande e grosso e deve fare la guerra!”

Ma per fortuna questo non accadde. In una lettera successiva la mamma, maliziosamente, gli scriveva “provo molta gratitudine per la Signora del Colonnello che tu mi dici che si interessa tanto di te (non ci sarà mica qualcosa sotto?)”

Penso di poter dire che anche nella mia vita le api ci sono entrate già all’età di 4/5 anni.
I primi ricordi apistici risalgono infatti al periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale quando, accompagnando il mio babbo, finalmente congedato, ci trovavamo a visitare un suo piccolo apiario vicino all’argine del fiume Lamone.

Ad un certo punto lo vidi spaventato guardare in cielo, prendermi per mano e gettarci insieme in un fossato vicino. Nello stesso tempo sopraggiunse alle nostre spalle un aereo che mitragliò gli alveari.

Si è poi saputo che in quei giorni e per diversi mesi il fiume Lamone divideva i due eserciti, Alleati e Tedeschi e noi eravamo ancora nella parte occupata dai Tedeschi.

Durante tutto il periodo in cui il fronte bellico è stato molto presente in Romagna e segnatamente a Faenza, quasi tutti gli abitanti si erano allontanati dalla città per sottrarsi ai bombardamenti e noi avevano trovato ospitalità presso dei parenti che abitavano in campagna, eravamo ovviamente in condizioni molto disagiate ma almeno più sicure che in città.

Noi ci eravamo trasferiti da una parente del babbo nella parrocchia di Formellino a Faenza ed abitavamo tutti in una stanza, mentre di notte ci spostavamo in un rifugio sotterraneo scavato sotto ad un pagliaio.

Una mattina si fermò nel viottolo, di fronte alla casina dove eravamo ospiti, una camionetta di soldati tedeschi che entrarono in casa cercando il babbo.

Io non sapevo dove fosse e la mamma fece finta di non capire ma i soldati notarono che la credenza era spostata un poco in diagonale e non appoggiata al muro. La spostarono e trovarono il babbo nascosto lì dietro e lo caricarono sulla loro camionetta, assieme ad altri uomini, raccolti nelle case vicine.

Sapemmo poi che stavano reclutando mano d’opera per ricostruire un ponte bombardato dagli alleati.
Per fortuna lo vedemmo ritornare nella tarda serata dello stesso giorno.

Purtroppo, dopo una notte di bombardamenti, una mattina quando siamo usciti dal rifugio, la piccola casa era sparita, centrata in pieno da una bomba ed abbiamo dovuto trovare un altro ricovero in zona, dove nei giorni seguenti il babbo avrebbe trasferito anche i suoi alveari.

I contadini che possedevano ancora alcune mucche nelle stalle, le avevano lasciate libere di procurarsi il foraggio nei campi abbandonati ma talvolta accadeva che una mucca rimanesse uccisa calpestando una mina o colpita da schegge di bombe e granate.

Io stesso ho visto diverse pecore morte nei campi.

Un giorno vedemmo il babbo ritornare a casa con un bel pezzo di carne che un suo cugino macellaio, abitante nella zona, aveva recuperato da una mucca rimasta uccisa da una mina, e fu festa grande per qualche giorno per tutte le famiglie del circondario.

Un secondo ricordo, molto vivido nonostante gli anni trascorsi, risale al mattino invernale in cui udii un rumore insolito provenire dalla stradina campestre che passava di fronte alla casa dove eravamo sfollati e vidi sbucare, dal fondo di questa le avanguardie degli Alleati (probabilmente Neo-Zelandesi con gli elmetti a tesa larga, a catino).

Camminavano in fila indiana sui due lati della strada, lentamente, saggiando il terreno con delle pertiche per trovare le mine anticarro.
Infatti, poco dietro di loro vidi sbucare dalla curva un enorme carro armato.

Le api c’entrano anche in questo ricordo perché il babbo nel frattempo era nell’aia del contadino dove stava cercando di rimettere in piedi i suoi alveari vandalizzati dai tedeschi, durante la notte, prima di fuggire.

Le Immagini

lega apicoltura racconta l'anno 1941
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