Imgiebah a Malta

Imgiebah a Malta

apicoltura malta
apicoltura malta

Già da 3.000 anni esiste testimonianza che l’uomo ha procurato alle api un riparo rudimentale. Da questo riparo l’uomo poi passava, di tanto in tanto a riscuotere l’affitto, sotto forma di qualche favo di miele.
Nel 2001 ho avuto (ndr Giuseppe Lega) la fortunata occasione di partecipare ad un viaggio organizzato dal dott. Raffaele Cirone, direttore della Federazione degli apicoltori italiani, nell’isola di Malta (ai tempi dei romani Malta era chiamata Melita = Ape).

In quest’isola situata nel cuore del mediterraneo è stato scoperto recentemente un vasto sito archeologico che contiene anche un complesso sistema di apiari di pietra che gli archeologi hanno datato ad almeno 2.000 anni fa e noi non ci siamo fatti sfuggire questa primizia.

L’apiario è formato da una parete di roccia nella quale sono scavate tante finestrelle affiancate e sovrapposte. Ma la roccia è anche scavata molto più in profondità creando una stanza posteriore alle finestrelle alla quale si accede attraverso una porta e qui scopriamo l’ingegnosità di questo apiario.

Le arnie sono formate da tubi o anfore di terracotta dal diametro di una ventina di centimetri, affiancati, sovrapposti e appoggiati orizzontalmente in modo da riempire, in numero di 6/8, ciascuna delle finestrelle. 

Al tempo in cui l’apiario era in funzione, le api entravano nell’alveare attraverso la testa dell’anfora in terracotta rivolta verso l’esterno e che presentava sul fondo alcuni fori di circa 2 cm. come porticina d’entrata e costruivano all’interno i favi naturali occupando progressivamente l’intero cilindro dell’anfora.

L’apicoltore raccoglieva il miele prelevando all’interno della stanza, dal fondo del cilindro i primi favi che incontrava, di solito gli ultimi costruiti e con ancora poco miele, poi quelli belli pieni, fino a quando non incontrava quelli contenenti la covata e qui si fermava per consentire alla famiglia di continuare a riprodursi.

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